Ricorso per la Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (codice
fiscale n. 80188230587), in  persona  del  Presidente  del  Consiglio
attualmente in carica, rappresentata e difesa  per  mandato  ex  lege
dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587),
presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12
(fax 0696514000 - Pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it); 
    Ricorrente contro Regione Basilicata, in persona  del  Presidente
della Giunta regionale attualmente in carica; 
    Resistente   per   l'impugnazione   e   la    dichiarazione    di
incostituzionalita' degli articoli 1, comma 1 - 2, comma  2,  lettera
a) - 3, comma 1 - 5 - 6, comma 1 - 7 - 8, comma 1, lettera c),  della
legge regionale n.  45  del  30  novembre  2018  recante  «Interventi
regionali per la previsione e il contrasto della criminalita'  e  per
la promozione della cultura della legalita' e di un sistema integrato
di sicurezza nell'ambito del territorio regionale» pubblicata nel BUR
n. 52 del 4 dicembre 2018 
    Il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato in  data  30
novembre 2018 la legge n. 45 («Interventi regionali per la previsione
e il contrasto della criminalita' e per la promozione  della  cultura
della legalita' e di un sistema integrato  di  sicurezza  nell'ambito
del territorio regionale») contenente 14 articoli. 
    Con essa - sul dichiarato presupposto che la  sicurezza  pubblica
e' un bene essenziale per  lo  sviluppo  ordinato  e  durevole  delle
convivenza civile della comunita' regionale - la regione  si  propone
di concorrere al suo miglioramento attraverso una serie di attivita':
prevenzione e lotta alla criminalita' comune e organizzata,  sostegno
alle vittime delle  criminalita',  sensibilizzazione  della  societa'
civile, contrasto alla truffa in danno degli anziani. 
    La   Regione   Basilicata,   insomma,   con   questo   intervento
legislativo, intende favorire un sistema integrato  di  sicurezza  in
ambito regionale, anche promuovendo  interventi  di  prevenzione  sin
dalla minore eta', presso scuole, luoghi pubblici e luoghi di lavoro. 
    Sennonche', nonostante  l'enunciato  impegno  di  legiferare  nel
rispetto delle competenze stabilite dall'art. 117 della Costituzione,
ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri questa legge in
alcune sue norme lede i criteri di riparto della potesta' legislativa
tra Stato e regioni, ed invade la sfera della competenza statale. 
    Per questo motivo la Presidenza deve impugnare la legge regionale
in epigrafe menzionata, affidandosi ai seguenti 
 
                               Motivi 
 
  1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della  legge
regionale  Basilicata  30  novembre  2018,  n.  45,  per   violazione
dell'art. 117, comma 2, lettera h) della Costituzione. 
    L'art. 1, comma 1, della legge regionale in questione enuncia  le
finalita' dell'intervento legislativo, ricomprendendovi  la  volonta'
di porre in essere interventi nei settori della prevenzione  e  della
lotta alla criminalita' comune e organizzata. 
    Tali settori, pero', attengono alla politica criminale, sottratta
al potere regolatore del legislatore regionale. 
    L'art. 117, comma 2,  lettera  h)  della  Costituzione,  infatti,
affida allo Stato la competenza legislativa esclusiva in  materia  di
ordine e sicurezza pubblica. 
    E'  vero  che  il  legislatore  statale,  con  l'emanazione   del
decreto-legge 20 febbraio  2017,  n.  14  (convertito  con  legge  n.
48/2017), nell'intento di  introdurre  strumenti  per  rinforzare  la
sicurezza delle citta' e la vivibilita' dei territori, ha  introdotto
nell'ordinamento un concetto di sicurezza integrata  e  di  sicurezza
urbana,  per  la  cui   promozione   sono   incoraggiate   forme   di
collaborazione istituzionale e di coordinamento tra Stato e  regioni.
Ed  e'  altresi'  vero  che  per  il  perseguimento  della  sicurezza
integrata e' previsto che Stato e regioni  concorrano,  ciascuno  nel
proprio ambito, all'attuazione di un sistema  unitario  di  sicurezza
per il benessere delle comunita' territoriali. 
    Sennonche' la  legge  regionale  qui  in  esame,  che  pure  pare
muoversi  in  questa  direzione  (donde  la  previsione  di  un  mero
«concorso» territoriale nel settore della sicurezza), in  realta'  e'
cosi' generica da non consentire una corretta individuazione di quali
siano le competenze regionali  nell'adozione  delle  misure  e  degli
interventi necessari. 
    Occorre infatti distinguere tra le provvidenze indispensabili per
garantire la sicurezza  pubblica,  che  non  possono  che  essere  di
competenza  dello  Stato  in  quanto  appartenenti   alle   politiche
criminali tese alla prevenzione ed alla repressione dei reati,  e  le
altre misure di carattere sociale. 
    Sono queste ultime, che muovendosi dall'analisi dei  fenomeni  di
degrado  emergenti  dal  tessuto  socio-economico  non  possono   che
riguardare il contesto  territoriale,  le  sole  che  possono  essere
lasciate alla disciplina legislativa regionale. 
    E del resto, la legge nazionale prima  citata,  nel  definire  il
concetto  di  sicurezza  integrata,  e  consapevole   del   possibile
sovrapporsi di competenze e responsabilita' sul piano  istituzionale,
ha espressamente individuato gli  interventi  che  «concorrono»  alla
promozione della sicurezza integrata in  quelli  che  attengono  alla
riqualificazione urbana e alla sicurezza nelle periferie. 
    Lo Stato insomma - all'interno di  un  sistema  a  pluralita'  di
livelli che necessariamente coinvolge  piu'  soggetti  istituzionali,
come ben regolato dall'art. 3 del decreto-legge n.  14/2017  si  deve
occupare delle misure di politica criminale volte alla prevenzione ed
alla lotta alla criminalita' organizzata nell'esercizio della propria
potesta' esclusiva in materia di  ordine  e  sicurezza  pubblica,  le
regioni  e  gli  altri  enti  territoriali  e   locali   «concorrono»
all'obiettivo con misure di affrancamento tese alla  vivibilita'  del
territorio e al benessere delle comunita' locali. 
    In questa ottica la norma regionale qui censurata, nel momento in
cui attribuisce alla regione l'attuazione di «interventi nei  settori
della prevenzione e della  lotta  contro  la  criminalita'  comune  e
organizzata»  si  arroga  una  competenza  che  non  le   appartiene,
invadendo la competenza legislativa esclusiva  dello  Stato  prevista
dall'art. 117, comma 2, lettera h) della Costituzione. 
  2) Illegittimita' costituzionale degli articoli 2, comma 2, lettera
a) - 3, comma 1, lettera d) -  6,  comma  1,  della  legge  regionale
Basilicata 30 novembre 2018, n.  45  per  violazione  dell'art.  117,
comma 2, lettera h) della Costituzione. 
    Le stessa argomentazioni  di  censura  sopra  dedotte  affliggono
anche l'art. 2, comma 2, lettera a), l'art. 3, comma 1, lettera d)  e
l'art. 6, comma 1, della legge regionale qui in esame. 
    La prima disposizione prevede che tra  gli  interventi  regionali
nei settori della prevenzione e  lotta  alla  criminalita'  rientrino
«programmi  di  attivita'....volti  ad  accrescere   i   livelli   di
sicurezza, a contrastare l'illegalita' e  a  favorire  l'integrazione
nonche' il reinserimento sociale». 
    La seconda disposizione prevede che  al  fine  di  contrastare  i
fenomeni di  illegalita'  e  criminalita'  comune  e  organizzata  la
Regione  Basilicata  promuove  intese  e  accordi  di  collaborazione
istituzionale  con  organi  dello  Stato  e   con   altri   enti   ed
associazioni. 
    La terza disposizione infine prevede la promozione da parte della
regione di politiche attuative  di  contrasto  agli  abusi  fisici  e
psicologici a tutela di soggetti deboli. 
    Tutte e tre le disposizioni, per  la  loro  genericita'  che  non
consente le dovute distinzioni, confondono le sfere di competenza nel
raggiungimento degli enunciati obiettivi. 
    Le  attivita'  finalizzate  all'accrescimento  dei   livelli   di
sicurezza e al contrasto dell'illegalita', se attengono a  misure  di
politica criminale tese alla  prevenzione  ed  alla  repressione  dei
reati,  non  competono  alla   regione   ma   spettano   allo   Stato
nell'esercizio della  potesta'  riservata  in  materia  di  ordine  e
sicurezza pubblica garantita dall'attuale assetto costituzionale. 
    La stipula di intese ed accordi di collaborazione con lo Stato ed
altri soggetti non puo'  direttamente  riguardare  il  contrasto  dei
fenomeni di illegalita' e di criminalita' comune ed  organizzata,  ma
puo' solo riferirsi al concetto di sicurezza integrata sancito  dalla
legge nazionale; l'azione regionale deve cioe'  muoversi  all'interno
delle linee generali adottate su proposta del  Ministro  dell'interno
di cui all'art. 2 del decreto-legge n. 14/2017, che ben individuano i
settori di intervento regionale nel quadro della cooperazione con  lo
Stato, e deve limitarsi  agli  strumenti  previsti  dall'art.  3  del
medesimo decreto-legge. 
    Cio'  che  attiene  alla  lotta  alla  criminalita'   comune   ed
organizzata non spetta alla competenza legislativa regionale. 
    Infine, in difetto di doverosa specificazione circa la previsione
di misure a cio' finalizzate, la promozione di politiche attuative di
contrasto agli abusi fisici e psicologici in danno di soggetti deboli
riguarda a tutta evidenza la prevenzione e la repressione  di  reati,
compito che non puo' che spettare allo Stato. 
    Tutte e tre le norme denunziate, per i medesimi motivi,  invadono
e ledono la competenza legislativa esclusiva dello  Stato  attribuita
dall'art.117, comma 2, lettera h) della Costituzione. 
   3) Illegittimita' costituzionale, per altro  verso,  dell'art.  3,
comma 1, lettera d) della legge regionale Basilicata  per  violazione
dell'art. 3 della Costituzione. 
    La  norma  in  esame,  prevede  che  gli  accordi  e  le   intese
finalizzate al contrasto dell'illegalita' e della criminalita' comune
ed organizzata siano stipulati dalla Regione Basilicata con «enti  ed
associazioni afferenti al terzo settore ovvero a quelli iscritti  nei
registri regionali del volontariato  e  dell'associazionismo  di  cui
alla legge regionale n. 1/2000». 
    Essa dunque crea una riserva  di  favore  per  alcuni,  e  quindi
risulta  ingiustamente  ed  ingiustificatamente  discriminatoria  nei
confronti di tutte le altre associazioni, ed in particolare di quelle
che - pur operanti in Basilicata -  sono  iscritte,  come  consentito
dalla vigente legislazione statale, nel registro nazionale. 
    Ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge n. 383/2000 che  ne  detta
la disciplina, le associazioni di promozione sociale  possono  essere
iscritte indifferentemente sia nei registri nazionali che  in  quelli
regionali, e l'una e  l'altra  iscrizione  danno  luogo  ai  medesimi
effetti ed ai medesimi benefici. 
    Ne consegue che il dare legittimazione ai fini della  conclusione
delle intese e degli accordi soltanto alle associazioni iscritte  nei
registri  regionali  del  volontariato,  senza  alcuna  ragione   che
giustifichi tale differenziazione, da' luogo  ad  una  disparita'  di
trattamento che lede i principi di uguaglianza e non  discriminazione
consacrati nell'art. 3 della Costituzione. 
    La  norma   qui   denunciata,   dunque,   e'   costituzionalmente
illegittima. 
  4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi 1  e  2,  della
legge regionale Basilicata 30 novembre 2018,  n.  45  per  violazione
dell'art. 117, comma 2, lettera h) della Costituzione. 
    La  norma  in  rubrica,  nel  quadro  degli  interventi  per   la
prevenzione ed il contrasto delle truffe in danno  della  popolazione
anziana,  prevede  che  la  regione  promuova  iniziative  formative,
informative e culturali, nonche' interventi  di  assistenza  di  tipo
materiale e psicologica, utili a prevenire e a  contrastare  i  reati
che colpiscono la popolazione anziana. Per far cio' e'  ivi  prevista
la possibilita' di stipula di apposite intese di  collaborazione  con
le forze dell'ordine. 
    Oltre  ai  profili  di   pesante   criticita'   evidenziati   con
riferimento agli articoli 1, 2, 3 e 6 della stessa legge, dal momento
che il contrasto ai reati e' compito esclusivamente  dello  Stato  se
non vengono limitati gli interventi regionali al solo ambito  in  cui
l'ente  territoriale  e'  competente  ad  operare  nell'ottica  della
sicurezza integrata, la Presidenza del Consiglio dei ministri ritiene
la norma illegittima nella misura in cui pretende di  incidere  sulla
formazione delle forze dell'ordine. 
    La  formazione  e  l'addestramento  professionali   delle   forze
dell'ordine infatti, trattandosi di corpi  di  appartenenza  statale,
non puo' che far capo allo Stato che solo puo' fissarne  modalita'  e
contenuti. 
    La regione, nel pensare di  collaborare  in  queste  attivita'  e
quindi di incidere  sui  loro  contenuti  disciplinandoli,  ancorche'
mediante intese appositamente dirette, travalica gli ambiti riservati
alla potesta' legislativa  regionale,  perche'  anche  la  formazione
professionale delle forze dell'ordine nel campo della  prevenzione  e
repressione dei reati attiene alla  disciplina  dell'ordine  e  della
sicurezza pubblica, materia riservata allo Stato. 
    Anche la norma in questione, dunque, secondo  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri viola l'art. 117, comma 2,  lettera  h)  della
Costituzione ed e' pertanto illegittima. 
  5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge  regionale
Basilicata 30 novembre 2018, n.  45  per  violazione  dell'art.  117,
comma 2, lettere h) e l) della Costituzione. 
    La norma in esame riguarda l'assistenza e  l'aiuto  alle  vittime
dei reati della criminalita'. 
    Essa  prevede  che  la  regione  assicuri  a  proprie  spese   il
patrocinio legale al cittadino che, vittima di un delitto  contro  il
patrimonio o contro la persona, sia accusato di aver commesso  a  sua
volta un delitto per eccesso colposo di legittima difesa  ovvero  sia
assolto per essersi legittimamente difeso. 
    La Giunta regionale definisce con proprio regolamento i criteri e
le modalita' per il godimento del beneficio. 
    La  norma  invade  indebitamente,  sotto  diversi   profili,   la
competenza legislativa esclusiva dello Stato nella  materia  ad  esso
riservate. 
    In primo luogo viene in evidenza l'invasione della sfera  statale
in tema di ordine pubblico  e  sicurezza,  garantita  dall'art.  117,
secondo comma, lettera h) della Costituzione. 
    La regola che incide sul patrocinio nel processo penale non  puo'
che riflettersi in ambiti che interessano la sicurezza,  dal  momento
che la concessione di un sostegno  economico  all'imputato  che  deve
rispondere di un reato commesso  con  eccesso  colposo  di  legittima
difesa  viene  a  coinvolgere  valutazioni  politiche  in   tema   di
prevenzione dei reati e di contrasto alla criminalita'. 
    In altri termini, la consapevolezza  di  poter  usufruire  di  un
beneficio da parte dell'autorita' pubblica che attenua gli oneri  cui
soggiace il responsabile di un reato (qui non viene in discussione il
fatto, che si da' per ammesso, ma l'eventuale esimente) incide  sulla
percezione che i consociati hanno circa l'atteggiamento istituzionale
della stessa  autorita'  pubblica,  che  figura  come  favorevolmente
atteggiata rispetto  ad  un'ipotesi  cui  l'ordinamento  continua  ad
attribuire un disvalore, come il commesso reato. 
    Attraverso il sostegno economico nel procedimento e nel processo,
infatti, finisce per essere  quasi  incoraggiato  -  o  comunque  non
scoraggiato  -  il  ricorso  alla  giustizia  fatta  da  se'.  Ed  e'
ovviamente inammissibile che su questo aspetto una  regione  provveda
in un modo ed una regione provveda in un altro, trattandosi in  tutta
evidenza di aspetti di politica generale che non possono che  trovare
disciplina unitaria su tutto il territorio nazionale. 
    E cio' indipendentemente dal  merito  della  scelta  politica  in
questione (buona o cattiva che essa  sia,  comunque  deve  essere  la
stessa per tutti gli italiani), ed indipendentemente  dall'esito  del
processo. 
    Queste argomentazioni sono state condivise  dalla  giurisprudenza
costituzionale che le ha  affermate  espressamente  (Corte  cost.  13
luglio  2017,  n.  172)  in  occasione  dell'impugnativa  di  analoga
disposizione contenuta nella legge regionale ligure. 
    E poiche'  una  previsione  normativa  di  questo  genere  si  e'
riconosciuto incidere in materia di sicurezza pubblica,  materia  che
e' di competenza esclusiva  dello  Stato  (Corte  cost.  sentenze  n.
63/2016, n. 33/2015, n. 325/2011, fra le tante), non vi e' dubbio che
essa sia illegittima per contrasto con l'art. 117, comma  2,  lettera
h) della Costituzione. 
    Ma la stessa norma  confligge  con  altra  e  diversa  competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato,  ossia  quella  relativa   alla
giurisdizione ed alla disciplina del processo. 
    Si tratta di una situazione  gia'  piu'  volte  affrontata  dalla
giurisprudenza  costituzionale  (anche  recentemente,  in   occasione
dell'impugnativa di una legge regionale del Veneto),  allorche'  sono
state censurate norme  regionali  che  prevedevano  stanziamenti  per
assicurare o estendere con risorse pubbliche  l'assistenza  legale  a
determinati soggetti e a fronte di specifiche circostanze. 
    In  quei  casi  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  ha
vittoriosamente  rivendicato  la   competenza   legislativa   statale
garantita dall'art. 117, comma 2, lettera l) della  Costituzione,  in
quanto il sostegno economico all'accusato attiene alla disciplina del
diritto di difesa. 
    Il sostegno economico alla difesa tecnica  nel  giudizio  penale,
difesa che nel nostro ordinamento e' obbligatoria, e' garanzia che la
legge dello  Stato  accorda  a  tutti  i  cittadini  in  presenza  di
situazioni che anche qui devono essere uguali su tutto il  territorio
nazionale, per cui e' da escludersi un  trattamento  differenziato  a
seconda dell'ambito regionale di  riferimento  che  la  stessa  legge
ritiene meritevoli di tutela. 
    Se la difesa tecnica e' obbligatoria, la legge prevede come  noto
la designazione di  un  difensore  d'ufficio  qualora  la  parte  non
provveda alla nomina del  legale  di  fiducia,  e  prevede  anche  il
gratuito patrocinio ove la parte non sia in condizioni economiche per
retribuire il proprio difensore. Il gratuito patrocinio, che  poi  e'
un patrocinio a spese dello Stato, e' concesso solo ai non abbienti e
solo in questa direzione e' la scelta (giusta o  sbagliata  che  sia)
del legislatore nazionale. Al di fuori di  questa  ipotesi,  e  delle
altre che lo Stato ritiene suscettibili di  estensione,  non  possono
essere ammessi benefici di matrice regionale che  creano  trattamenti
territoriali diversi in merito alle condizioni  con  cui  un  diritto
fondamentale del cittadino, quale quello di difesa, viene esercitato. 
    Questa e' l'ovvia ragione per la quale lo Stato  ha  riservato  a
se' la disciplina di questa materia, e questa e' la ragione  per  cui
le svariate legislazioni regionali non devono avere spazio. 
    Come  detto,  il  principio  e'  stato  affermato   dalla   Corte
costituzionale nel recente caso della Regione Veneto (Corte cost.  21
marzo 2017, n. 81), ma  si  e'  trattato  di  una  conferma,  dati  i
conformi precedenti  giurisprudenziali  intervenuti  nel  caso  della
legge   regionale   ligure   e   della   legge   regionale   pugliese
(rispettivamente Corte cost. 6 giugno 2017, n. 172,  gia'  citata,  e
Corte cost. 18 ottobre 2010, n. 299). 
    Anche sotto il profilo della evidente incompatibilita' con l'art.
117, comma 2, lettera l) della  Costituzione,  dunque,  la  norma  in
rubrica deve essere dichiarata illegittima. 
  9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8. comma 1,  lettera  c)
della  legge  regionale  Basilicata  30  novembre  2018,  n.  45  per
violazione dell'art. 117, comma 2, lettera h) della Costituzione. 
    La norma in questione, aggiungendo un articolo alla vigente legge
regionale 29 dicembre 2009, n. 41, prevede che la Regione  Basilicata
possa finanziare - tra gli altri - interventi volti ad assicurare  un
adeguato  controllo  del  territorio  mediante  un  piu'   efficiente
svolgimento delle funzioni  di  polizia  locale,  ed  in  particolare
diretti (lettera c) «al potenziamento delle  attivita'  di  vigilanza
nelle aree piu'  soggette  a  rischio  di  esposizione  ad  attivita'
criminose». 
    La Presidenza del  Consiglio  dei  ministri  ritiene  che  questa
disposizione sia indebitamente invasiva  delle  competenze  riservate
allo Stato. 
    Lo Stato infatti ha potesta' esclusiva in  materia  di  ordine  e
sicurezza pubblica, e una previsione come quella che si censura - per
la sua genericita' - non consente di comprendere quale sia  la  sfera
di azione che  la  regione  intende  esercitare,  e  quale  vigilanza
intenda potenziare. 
    Non e' inopportuno ricordare che il controllo del  territorio  e'
riconosciuto essere espressione della funzione di pubblica  sicurezza
(Corte cost. 6 maggio  2010,  n.  167),  e  la  partecipazione  della
polizia locale a tale funzione puo' esplicitarsi solo nell'ambito  di
piani coordinati redatti in conformita' alle direttive impartite  dal
Ministro dell'interno, e con ovvia limitazione al  territorio  urbano
per incrementare i livelli di sicurezza nelle citta'. 
    La Presidenza del Consiglio dei ministri segnala il contrasto  di
siffatta  previsione  regionale  con  la  riserva  costituzionale  di
potesta'  legislativa   statale,   laddove   riconduce   ai   compiti
istituzionali della polizia  locale  il  presidio  del  territorio  -
peraltro, previa intesa non con lo Stato ma con gli altri enti locali
interessati - mentre detta funzione, per la parte  che  compete  alla
polizia locale,  deve  necessariamente  essere  circoscritta  a  mera
attivita'   concorrente,   sotto    il    necessario    coordinamento
dell'autorita' statale. 
    La  disposizione  in  esame,  quindi,  deve   essere   dichiarata
costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 117, comma 2,
lettera h) della Costituzione.